Il peperoncino: successi e insuccessi della spezia più allegra
Il peperoncino: della spezia che dal 1520 rallegra il palato di noi italiani
Immagina di vivere nel Perù del 900 a.C . Sei un pastore Chavìn che in una calda e assolata giornata estiva decide di fare una sosta insieme ai suoi lama. Il gigantesco obelisco di Tello è perfetto per riprendere fiato e riposare le gambe. Mentre asciughi il sudore dalla fronte, osservi quella stele di circa 2 metri che ti regala un po’di sollievo dal caldo rovente. Quanta gratitudine per quel gigante di pietra e ai suoi magnifici intarsi.. Il tuo occhio attento ne scruta ogni dettaglio, voglioso di scoprirne i racconti e i personaggi. Sei incurante del fatto che, tra 7 secoli, tutto cambierà. Quegli stessi fiori, quelle stesse foglie e quegli stessi frutti che il drago stringe tra le fauci, saranno estirpate dalla tua terra. Alcuni stranieri, infatti, le caricheranno su possenti navi per condurle al di là di quell’infinita distesa di acqua, che separa il tuo mondo da altri sconosciuti. E tutto questo per il volere di un uomo, di una corona e di un sogno.
Dal Nuovo Mondo al Vecchio Continente
Sono tante le testimonianze dirette di vita quotidiana delle civiltà precolombiane in cui il peperoncino è protagonista assoluto. Ma perché proprio questa solanacea, e non un’altra, di cui il Nuovo Mondo abbondava? Tale era la fascinazione presso gli Aztechi, i Maya e gli Inca che il peperoncino, arrivò a ricoprire molteplici funzioni e in più modi. Fu impiegato come afrodisiaco, come elemento sacro e magico, come amuleto portafortuna. Nonché come medicinale, come strumento di tortura, come alimento e persino come moneta di scambio. Non sorprenderà quindi sapere che lo stesso Cristoforo Colombo ne fu a sua volta, affascinato. Decise di decantarne i prodigi tra le pagine del suo diario di bordo del suo primo viaggio nelle Americhe. Non solo, lo portò con sé nel suo viaggio di ritorno in Europa, e ne avviò la coltivazione esattamente un anno dopo, nel 1494.
Il declino di un sogno
Colombo era certo che il potere afrodisiaco del peperoncino potesse ammaliare le nobili famiglie del Vecchio Continente. Famiglie, soprattutto spagnole, dalle pesanti tasche e le frenetiche cucine. Fece bene a convincersi del suo intuito: sessanta anni dopo, come previsto, il peperoncino invase tutti i giardini di Spagna e gli orti d’Italia. Galeotta fu certamente la sua squisita piccantezza, che ben si distinse da quella del, già noto, pepe nero. Ma nel giro di poco tempo le aspettative di Colombo finirono col rivelarsi pure illusioni. Data l’estrema facilità di coltivazione della pianta, in grado di attecchire nei terreni più impervi, il peperoncino divenne, presto una pianta comune. Discostandosi da quell’immaginario prodotto di élite, evocativo di grandi viaggi e fruttuosi commerci che l’esploratore genovese aveva immaginato. Il colpo finale fu inferto poi dalla Chiesa, la quale bandì la forestiera spezia. Rea di quegli insani e impuri propositi che spesso suscitava nei suoi fedeli.
Nel Sud Italia, il successo tanto atteso
Dalle tasche pesanti e ricolme di ogni bellezza e ricchezza delle classi nobili a quelle malridotte e vuote della povera gente. Quale peggior sorte per il peperoncino se non un incessante e sventurato viaggio dal sacro al profano? Povera spezia profanata dal pregiudizio di quelle stesse mani usurpatrici che tanto lo vollero nei loro pettinati giardini. Eppure, inaspettatamente, fu proprio tra i dimenticati, i malvoluti, i più poveri dei poveri d’Italia che il peperoncino ritrovò il suo originario splendore. Come un miracolo tanto atteso, il peperoncino si affermò come la spezia che dava sapore a quei piatti che non ne avevano. In grado di conservare la carne nei periodi più caldi. Utile per risanare le ferite di coloro che medicinali e ricostituenti non potevano permettersene.
Il peperoncino: indispensabile presenza
Ed ecco che, oggi, passeggiando al mercato, entrando nelle case contadine o affacciandosi agli alimentari di quartiere, lo vediamo presente. Tubicini, scatolette e sacchetti di ogni forma, contenenti peperoncino di ogni colore e genere. Quasi fossero santini appesi alle pareti di una qualsiasi sacrestia. Che sia aggiunto in polvere, tagliato fresco, conservato essiccato, perfino appeso al collo di qualche superstizioso, il peperoncino continua a essere celebrato nella quotidianità di noi italiani. A tavola e non, dall’Abruzzo alla Calabria, passando per la Campania. Ne esistono varietà autoctone meravigliose che attendono solo di essere assaporate.
Le ricette più famose con il peperoncino:
- Spaghetti allo scoglio
- Pasta aglio olio e peperoncino
- Pasta all’arrabbiata
- Nduja calabrese
- Pollo alla diavola